
Accucciata tra le sue gambe, con la testa appoggiata nell’incavo della sua coscia, mentre lui la accarezzava, le accarezzava la testa, il viso, le spalle. Erano rimasti così, in silenzio, per molto tempo.
Lei, in uno stato di relax simile al subspace, si godeva quella spossatezza fisica dovuta all’intensa sessione.
Lui finalmente poteva allentare tutto il controllo che aveva dovuto mantenere per rispettare i limiti concordati, si rilassò nella poltrona.
Ad un certo punto le aveva sollevato il mento, lei aveva aperto gli occhi, trovando un’espressione diversa sul suo viso, tenera e compiaciuta. “La parte della sessione dedicata strettamente alla realizzazione del tuo desiderio, come avevamo concordato, ora è terminata.” Aggiungendo un pizzico di ironia al tono aggiunse: “Confido che sia stata soddisfacente, che ti abbia dato nuovi spunti, idee …”
Giulia non riuscì a trattenere un sorriso, un sorriso di quelli che non ricordava da quanto tempo non faceva. Strofinò come un gattino il viso sulla sua coscia. “Non immaginavo che qualcuno avrebbe potuto farmi provare tutto quello che mi ha fatto provare oggi – si aggrappò forte alla sua coscia, abbracciandola, baciandola, accorgendosi in quel momento che, nascosta nei jeans, persisteva la sua erezione – e non è stata solo una questione di quantità orgasmi, che già quello, chi se lo immaginava. Ma mi ha aiutato a prendere una nuova consapevolezza del mio corpo, con i vostri gesti, con i vostri sguardi, con le vostre parole.”
Dago le sorrise, continuando a fare scorrere le sue dita tra i suoi capelli. “È una delle tante cose che mi affascina del BDSM – una pausa mentre cercava le parole giuste – fatto nel modo giusto, è un percorso che permette di capire molte cose di noi stessi. Quasi un percorso terapeutico.”
Dalla sua postazione tra le sue gambe, dove si sentiva al sicuro, protetta e coccolata, lo guardava con lo stesso sguardo di una liceale innamorata del professore di lettere, annuendo e pensando a quante cose erano cambiate in lei dal primo click che l’aveva portata a leggere di quel mondo, passando per le chiacchiere con il mentore, a cui non vedeva l’ora di raccontare di oggi, senza dimenticarsi dei primi messaggi con lui, le prime telefonate, i primi ordini, le prime punizioni. Tutti piccoli passi che l’avevano portata oggi in questo appartamento.
“Io sono contenta che lei abbia risposto al mio annuncio quel giorno, sono certa che scegliere lei sia stata la cosa migliore che mi potesse succedere!” La voce era un sussurro, ma chiaro. Parlava guardandolo negli occhi, senza il solito timore, sicura.
Dago cambiò leggermente espressione, si poteva scorgere, dietro la maschera, chiaramente un’emozione. La mano gli scivolò sotto il mento, con il pollice le accarezzava le labbra, mentre era evidente che stava prendendo una decisione. Poi la forzò, delicatamente ad allungarsi un po’ mentre lui si chinava verso di lei “E io sono felice che tu abbia scelto me …”
Le sue labbra sfiorarono una prima volta quelle di Giulia. La seconda assomigliava molto di più ad un bacio. La terza, ricambiato da lei, fu decisamente un bacio.
“Come stai? Come ti senti? Dolori? Fastidi?” La voce era suadente ora, lo sguardo che la scrutava colmo di attenzione. Era tutto molto diverso dal “Ti è piaciuto” di Marco a fine rapporto, dove aveva l’impressione che cercasse più conferme per sé stesso che capire cosa lei avesse provato realmente.
Giulia fece un rapido esame mentale del proprio corpo prima di rispondere. “Fisicamente credo di essere sfinita. Mi potrei addormentare qui appoggiata sulla sua coscia.” Mentre lo diceva si appoggiava con lo stesso viso sereno di una ragazzina felice. “Ma nello stesso tempo dentro sento un’energia incredibile, nuova.”
Rimase in silenzio per almeno una quindicina di secondi, in silenzio ed immobile, la testa appoggiata sulla sua coscia, gli occhi chiusi, il respiro leggero. Dago sorrise, sicuro che si era addormentata come aveva detto. Invece, improvvisamente aprì gli occhi, sollevò la testa. Lo sguardo era molto diverso, si poteva leggere una determinazione nuova.
Mentre lei sosteneva lo sguardo, vagamente sorpreso di lui, le mani di Giulia accarezzarono entrambe le cosce dell’uomo, puntando con decisione in direzione del suo sesso. Lui gliele fermò. “Giulia, cosa fai? – piegò la testa leggermente da un lato cercando di studiare, capire cosa lei avesse in mente, cosa fosse scattato, cambiato – Questo non c’era nei nostri accordi; non hai nessun obbligo, ricordi?”
Giulia non cambiò atteggiamento, non cambiò espressione, determinata come mai nella sua vita ad ottenere di poter fare quello che voleva fare. “Lei ha passato ore dedicandosi a darmi piacere in molti modi e forme – anche la voce era cambiata: era la voce della nuova Giulia – voglio ricambiare in qualche modo, voglio ringraziarla.”
Dago le liberò una mano, per poterle spostare i capelli in modo da vedere meglio il suo viso e i suoi occhi. “Giulia, davvero, non è necessario. Non hai idea del piacere e delle soddisfazioni che mi hai dato oggi… “
Lei non gli lasciò completare il discorso. “Signore, io lo desidero, la prego, si lasci ringraziare!” la mano libera si era spostata a cercare sotto il tessuto il suo cazzo, che aveva perso appena un po’ di vigore ma era ancora chiaramente distinguibile, iniziando ad accarezzarlo. “La prego…” Giulia supplicò nuovamente, con una voce che iniziava a suonare di desiderio. “La prego…”
Dopo avere resistito per ore, dopo essere riuscito a controllare il desiderio di scoparla, possederla, per tutta la sessione, era difficile ora resistere a quella supplica che ad ogni “la prego” sembrava sempre di più la voce di una linea erotica. Le liberò anche l’altra mano e appoggiò comodamente la schiena allo schienale della poltrona.
Le mani di Giulia slacciarono la cintura, abbassarono la zip. Erano gesti lenti ma sicuri. Il cuore le iniziò ad accelerare nel momento che aprì i pantaloni, cercando il suo cazzo. Quante volte lo aveva immaginato, di notte, in doccia, mentre si masturbava come lui le aveva ordinato, mentre era con lui al telefono. La forma, le dimensioni, il sapore. Ma soprattutto che sensazioni, emozioni le avrebbe dato.
E ora era lì, davanti a lei. Lo guardò per qualche secondo, osservandone la differenza rispetto a quello che lei conosceva bene, le vene pulsanti. Sembrava più grande di quello di Marco, soprattutto più cicciotto. Alzò gli occhi cercando quelli del Padrone, cercando di leggervi dentro cosa lui desiderasse. Poi da uno di quei punti che si erano accesi durante quel pomeriggio le arrivò un suggerimento.
Avvicinò il viso alla base del suo cazzo, sporse la lingua e lo leccò dalla base fino alla punta, mentre si aggrappava ai suoi pantaloni per abbassarli di più. Voleva tutto, bramava tutto il suo cazzo, le sue palle. Desiderava fargli un pompino di quelli che non aveva mai fatto, voleva farlo sborrare in modo che fosse veramente soddisfatto di lei.
Dago la assecondò sollevandosi per fare scivolare i pantaloni fino alle caviglie, sfilando anche un piede, in modo da poter allargare le gambe concedendole tutto lo spazio che voleva.
Come una gatta in calore, ora che lo aveva tutto a disposizione, se lo strofinò sul viso, lo bacio, lecco di nuovo. Passata la prima fiammata, si accorse che era rasato: era il primo cazzo rasato che vedeva e che leccava.
Leccò e baciò le palle, cosa che non aveva mai fatto con nessuno, cercando di percepire che sensazioni riusciva a dare, se lo faceva bene. Poi risalì non troppo lentamente. Aveva la sensazione di non aver mai desiderato tanto succhiare, prendere in bocca un cazzo.
Alzò di nuovo lo sguardo: lui la stava guardando. Lo impugnò, sentendolo pulsare, vibrare socchiuse appena le labbra e dopo averlo scappellato per bene, lo fece scivolare in bocca. Aveva il sapore intenso di un cazzo che era stato in erezione per parecchio tempo, dal quale era sgorgata qualche goccia di precum. Teneva una mano alla base del suo sesso, succhiando poco più della punta, come aveva sempre fatto con tutti.
Alzò ancora una volta lo sguardo cercando la sua approvazione, il suo piacere. Trovò uno sguardo diverso. “Togli quella mano, sono certo che sai fare di meglio.” Mentre parlava la mano destra, con un abile gesto, raccolse i capelli afferrandola.
In pochi secondi, Giulia si era ritrovata da una posizione di comando, nuovamente nel suo posto, al posto di quella che deve ubbidire. Dago era il primo uomo che la afferrava per i capelli, anzi, era il primo uomo a cui concedeva di afferrarla per i capelli.
Tolse la mano, appoggiandola come l’altra, sulla sua coscia, mentre continuava il suo movimento, forse inconsciamente cercando di accelerarlo, convinta che fosse il modo migliore di dare piacere. L’altra mano le diede un buffetto sul viso. “Piano signorina G, piano, non avere tutta questa fretta di farmi venire – la mano che teneva i capelli iniziò a guidarla, insegnandole quale fosse il ritmo che lui gradiva – il pompino è un’arte, ma la prima a gustarlo devi essere tu!”
Aveva sempre visto la fellatio come un modo alternativo per dare piacere a Marco, soprattutto quando non aveva voglia di fare sesso. Lo era stato anche con qualche ragazzo che aveva avuto prima del matrimonio. Ora lui le stava chiedendo di fare una cosa diversa. Aveva cercato ancora una volta il suo volto, il suo sguardo. Poi aveva chiuso gli occhi, concentrandosi in quello che stava facendo, spostando l’attenzione alle sue labbra, alla sua bocca, a come quel tronco di carne la riempiva. Sentì la sua mascella rilassarsi, le labbra cambiare modo di avvolgere, cercare di aggiungere qualcosa con la lingua. “Brava, qualcosa è cambiato … quanto ti piace di più succhiarmelo così?”
Era la sua voce? O erano le parole che aveva detto? Oppure quella capacità di ascoltare ogni minima variazione. Ma era vero, ora stava gustando di fare un pompino e le piaceva così tanto che aveva sentito cambiare immediatamente il tasso di umidità del proprio sesso, aveva sentito il desiderio riprendere forza nel suo ventre.
La mano ora la lasciava fare, quasi volesse verificare se avesse imparato. Lei giocava con il ritmo, restando su ritmi lenti, cambiando l’intensità e, in preda a questa nuova eccitazione, azzardandosi a ingoiarne un po’ di più del suo solito.
Un’altra volta aveva alzato gli occhi, cercando i suoi, questa volta quasi con aria di sfida. Aveva preso la sua gamba e si era messa a cavalcioni, in modo a potersi strofinare sopra mentre lo spompinava.
Mentre la sua eccitazione cresceva, la mano era tornata a farsi sentire. Le dita si erano infilate tra i suoi capelli e ora poteva sentire che qualcosa stava cambiando. “Se ti lasci andare, sono certo che puoi diventare una regina del pompino …” Ogni volta che lei si spingeva in giù la mano la forzava di qualche millimetro, centimetro più giù, tenendola per qualche istante, per qualche secondo in quella posizione prima di lasciarla risalire.
Era solo una lieve forzatura ma, per lei, era qualcosa di nuovo. Quella mano che la spingeva bloccava e la sua consapevolezza del suo cazzo in bocca, sempre più grosso, sempre più pronto ad esplodere. Negli anni aveva sviluppato la sensibilità a capire quando il cazzo di Marco era pronto a sborrare per togliersi in tempo.
Ma quella, mano spinta dopo spinta, diventava più decisa, insistente. La spingeva sempre più giù e lei non sentiva nessuna voglia di opporsi, anzi. “Guardami!” la voce di Dago era tornata quel tuono deciso a cui era impossibile non ubbidire. Gli occhi scuri e pieni di libido di Giulia si alzarono verso i suoi, mentre la mano, sempre più decisa, la forzava, senza trovare troppa resistenza, a ingoiare tutto il suo cazzo. Ma i suoi occhi, il suo sguardo, la facevano sentire al sicuro, le facevano venire solo voglia di assecondarlo.
Fu così che, poche spinte dopo, era lì, con le labbra che iniziavano ad accarezzare la base del suo cazzo, il glande che toccava la gola, mentre i suoi occhi restavano incatenati a quelli del Padrone, sempre più verdi, accesi.
Il cuore accelerò quando la mano la bloccò, impedendole di risalire, anzi, dandole quell’ultimo incentivo per prenderlo tutto in bocca. Il respiro, dal naso, accelerato. Mentalmente contava i secondi. Cinque, dieci, quindici. Poi la mano le sollevò il capo, sfilandola dal suo membro. “Non soffochi, resta lì tranquilla!” disse prima di spingerla giù di nuovo.
Si sentì di nuovo trasformata in un oggetto per il suo piacere. Il suo cazzo scivolò dentro facilmente, lei strinse le labbra alla base mentre cercò di accarezzarlo con la lingua. Questa volta il conteggio arrivò a trenta prima che lui la sollevasse. Giulia prese una grande boccata d’aria.
La mano la forza a sollevarsi maggiormente, tirandola verso di sé in modo che i suoi seni si appoggino al suo cazzo. Istintivamente Giulia li stringe in modo che lo avvolgano, massaggino. Un’altra prima volta, nessun uomo le aveva mai scopato i seni.
“Ancora una volta!” La voce di Dago era roca di piacere. La mano le spinse giù di nuovo la testa, ma questa volta la lasciò solo pochi secondi, poi iniziò a muoverla, facendo in modo che il cazzo le scivolasse fuori dalle labbra per poi invaderla di nuovo. Ripeté questo gesto parecchie volte prima di bloccarle la testa a mezza strada, iniziando a muoversi lui nella sua bocca.
Qualche gemito gli sfuggì mentre la scopava in questo modo. Giulia era persa in quella tempesta di nuove sensazioni. Ogni parte del suo corpo quel giorno era stata usata diversamente, per darle nuove sensazioni, nuovi piaceri, e sentire per la prima volta i suoi gemiti le dava nuovi stimoli, nuove voglie. Dago si fermò, le fece sollevare il viso. “Prenditelo, è tutto tuo!” Un sorriso sul suo volto, poi lo sguardo cambiò nuovamente. “Solo una cosa: ingoialo tutto!”
Una voce, lontana nella sua testa, cerca di ricordarle che non ha mai concesso a nessuno di venirle in bocca, figuriamoci di ingoiare, ma Giulia è oramai in uno stato di eccitazione oltre ogni fantasia. Lo vuole, vuole farlo venire, vuole sentirlo venire, vuole guardarlo venire, vuole sentirlo schizzare, vuole sentire il suo sapore.
Alzò gli occhi mentre impugnandolo nuovamente lo succhiava vigorosamente. Cercava di muoversi con quella lentezza che lui le aveva insegnato. Non resistendo all’eccitazione lasciò scivolare una mano tra le cosce, iniziando a stuzzicare la clitoride mentre accelerava ancora un po’ il movimento della testa, succhiandolo con maggiore vigore, usando le labbra, la lingua, per provare a stimolarlo maggiormente.
Lo vide piegare la testa all’indietro. Inarcarsi. I fianchi che si contraevano pronti a spingere. Ora era il suo turno di avere in mano il piacere dell’altro. Rallentava, allungando il movimento, succhiandolo dalla punta fino alla base. Sentì le prime gocce, dal sapore forte, che agirono sui suoi neuroni come una dose di anfetamina. Accelerò con decisione il movimento e poco dopo, con un gemito animale, lo sentì liberare i suoi lombi innondandole la bocca.
Contemporaneamente le sue dita hanno aumentato l’intensità anche sulla clitoride, godendo subito dopo il primo schizzo in bocca.
Giulia respirava affannosamente, senza mollare la presa della bocca sul cazzo di Dago. Ingoiò, succhiandogli fuori fino all’ultima goccia. Lo leccava, lo ripuliva, quasi lucidandolo. Poi alzò di nuovo lo sguardo, cercando qualche conferma negli occhi del Padrone.
Dago la attirò a sé, facendola accomodare sulle sue gambe. Giulia si accoccolò contro di lui, sentendo il calore del suo corpo attraverso la camicia, le braccia che la avvolgevano in un abbraccio protettivo. Era strano essere così vicina a lui dopo ore di distanza controllata, ma si sentiva al posto giusto.
“Sei soddisfatta ora?” un sorriso di profonda soddisfazione le illuminò il viso come risposta. Per la prima volta nella sua vita aveva preso lei l’iniziativa, aveva provato piacere dando piacere a un uomo, al suo Padrone, vedendolo perdere il controllo tra le sue labbra, nella sua bocca. La sensazione di potere che aveva provato nel portarlo all’orgasmo era inebriante quasi quanto tutti quelli che lui le aveva regalato.
“Come stai davvero?” le chiese, la voce tornata a quella morbidezza che aveva imparato a riconoscere come la sua vera natura. Le dita che le accarezzavano i capelli erano le stesse che poco prima l’avevano esplorata e dominata, ora trasformate in pura tenerezza.
“Completa,” sussurrò lei, la testa appoggiata nell’incavo del suo collo. “Per la prima volta in vita mia mi sento completa. Ho ricevuto tanto piacere, ma… essere riuscita a darne altrettanto a lei, al mio Padrone…” Si fermò, cercando le parole giuste. “È stato… liberatorio. Come se avessi finalmente scoperto di cosa sono capace.”
Dago rimase in silenzio per qualche istante, le dita che continuavano a giocare tra i suoi capelli. Quando parlò, la sua voce aveva una sfumatura di orgoglio e gratitudine che Giulia non aveva mai sentito prima.
“Sai,” disse piano, “quando ho letto il tuo annuncio la prima volta, ero molto curioso di capire che tipo di donna ci fosse dietro quelle parole, se fosse una donna pronta a scoprire chi potesse diventare.” Le sue braccia la strinsero un po’ più forte. “Sono felice che tu abbia scelto me per questo viaggio. E sono orgoglioso di essere riuscito nel compito che mi avevi affidato.”
Si fermò, il sorriso che Giulia poteva sentire anche senza vederlo. “Ma soprattutto, sono felice di aver partecipato attivamente alla nascita di questa nuova te. Quella donna che ha avuto il coraggio di chiedermi quello che voleva poco fa… quella sei sempre stata tu. Io ho solo aiutato a farla emergere.”
Capitolo 8 >>