Aveva fatto un viaggio assurdo se ci pensava. Era corso dietro a una donna sconosciuta e adesso era li con il cellulare in mano che non aveva il coraggio di fare il numero, con mille dubbi su cosa dire.
Un ragazzino, ecco che cosa si sentiva.
Questo pensiero aveva scrollato tutti i suoi dubbi e paure, e immediatamente si era fatto luce in lui il filo logico che lo avrebbe portato ad ottenere un appuntamento con questa misteriosa sconosciuta.
Certo che se la voce fosse suonata alle sue orecchie strana, avrebbe puntato tutto sul riavere il suo cellulare, niente cena.
“Pronto?”
La voce dall’altra parte era suonata cristallina, solare, allegra. Piacevole soprattutto piacevole.
“Che ne dice di una cena come ringraziamento per aver conservato in ottimo stato il mio cellulare ?”
Quella frase gli era uscita senza il minimo sforzo, senza nemmeno pensarci.
Non era stato semplicissimo farla accettare, in fin dei conti se lo aspettava, lui era uno sconosciuto, ma aveva saputo giocare bene la sua partita.
Per prima cosa si era premurata di riservare il tavolo al ristorante. Aveva parlato direttamente con il proprietario che conosceva da anni, ed aveva ottenuto un tavolo molto tranquillo.
Poi aveva pensato a prepararsi. Ad un appuntamento con una donna sempre meglio andare in ordine.
Si era rasato con cura, pelo, contropelo, seconda passata, controllando accuratamente che non ci fossero zone dimenticate.
Poi una lunga doccia. I capelli asciugati accuratamente arruffati, una spruzzata di Zino Davidoff nei punti strategici.
Poi la crisi davanti all’armadio.
Il suo bagaglio leggere di viaggio contemplava gli imprevisti, quindi aveva le giuste combinazioni per una serata elegante o il casual più estremo, quasi grunge.
Troppo tirato a lucido per una sconosciuta non gli sembrava il caso. Optò per una informale via di mezzo.
Un bel paio di jeans classici, azzurro slavato, una camicia azzurra perfettamente stirata, una giacca blu. Stivaletti marroni e trench scuro completavano l’abbigliamento della serata.
Si controllò allo specchio come una ragazzina che sta per uscire con il suo bello per controllare se tutto fosse a posto e scese alla reception.
Pierre aveva provveduto a prenotargli la macchina, no era riuscito a prenotargli un Porche come desiderava ma sperava che la Audi TT che gli aveva trovato potesse andare bene.
“Mi accontenterò” gli aveva detto Ethan sorridendo mentre gli allungava la mancia.
“Le ho fatto programmare il satellitare con l’indirizzo che mi ha dato Messieur Wallace, cosi non rischia di arrivare in ritardo.”
Forse perché era francese e i francesi hanno il culto del corteggiamento, a Pierre non era sfuggito che dietro le richieste di Ethan si nascondeva una donna.
“Ma tu guarda se alla mia età mi devo mettere a fare queste follie” aveva pensato come se fosse la prima volta che lo faceva. No, non era la prima volta che faceva di queste follie, per Francesca aveva fatto anche follie più grandi. Ma quella era un’altra storia.
Si sentiva agitato come un ragazzino che va al suo primo appuntamento con una ragazza. Lo stomaco in subbuglio, le mani che sudano, i pensieri confusi. Ma continuava a non riuscire a darsi una spiegazione logica. Una domanda continuava ripresentarsi nel cervello, e continuava a non trovare una risposta: perché ?
Non sapeva nulla di questa Angela. Non sapeva quanti anni aveva e non sapeva come era fatta. Non sapeva se era simpatica e non sapeva di che cosa avrebbero parlato. Non sapeva di che colore aveva i capelli e non sapeva di che colore aveva gli occhi. L’unica cosa che sapeva era che aveva il suo cellulare. No, non era vero. Sapeva anche che amava le sfide, e che non le piaceva perdere.
Pensando era arrivato davanti all’albergo. Optò per il posteggio riservato davanti all’albergo. La mancia avrebbe tenuto calmo il portiere all’ingresso. E poi si sarebbe fermato solo pochi minuti.
Entrò con passo deciso dentro la hall e si guardò in giro.
Qualche sparuto gruppetto di turisti sui divani. Un chiassoso gruppo di uomini nell’angolo più vicino al bar. Certamente partecipanti a qualche meeting.
Sola in un gruppo di divanetti una donna. Non la vedeva bene, era quasi girata di spalle e i capelli che le coprivano il viso. La postura del suo corpo, rigida, gli fece capire che era in un momento di forte tensione. Stava parlando al telefono, probabilmente qualche grana di lavoro. Decise di avvicinarsi lentamente, dandole il tempo di concludere la telefonata mentre approfittava per studiarla meglio.
Stava iniziando a studiare il suo abbigliamento, un pizzico di disappunto nel notare i pantaloni, quando la vide chiudere bruscamente la comunicazione.
“Lei deve essere Angela…” disse con fare baldanzoso quasi che l’avere indovinato chi fosse meritasse un premio.
Lei si girò di scatto, quasi spaventata, come se fosse stata riportata violentemente alla realtà mentre era in qualche dimensione parallela.
Il viso era rigato di lacrime. Un pianto silenzioso e carico di sofferenza.
Ethan rimase per qualche istante senza parole. Certo si era immaginato di tutto, dalle situazioni più rosee ed idilliache alle più tragiche e scoccianti. Ma non aveva certo immaginato di incontrare una donna in lacrime.
Adesso era li fermo come un ebete che stava cercando di decidere se la sua presenza era qualcosa di troppo o se era il caso di restare e vedere come poteva evolvere la serata.
Certo che non se la sentiva proprio di lasciare sola una donna in lacrime, non era da gentleman.
“E’ la prima volte che mi capita che il mio invito a cena abbia un effetto così sconvolgente …” era stata la prima battuta idiota che gli era passata per la mente. Certo non era facile rompere il ghiaccio con una perfetta sconosciuta in quella situazione.
Angela lo aveva fissato per qualche secondo con gli occhi rossi, che Ethan faticava a capire se erano rossi per il pianto o per la rabbia che aveva provocato la sua battua.
“Mi perdoni della battuta idiota, ma non sapevo proprio come rompere il ghiaccio.” Angela continuava a fissarlo in silenzio, sembrava non volere venire proprio nessun aiuto da quelle parti. Qualcosa nel suo atteggiamento gli fece capire vagamene la situazione in cui si trovava. No, quelle non erano lacrime per un problema di lavoro, quelle erano lacrime molto più pericolose, lacrime d’amore.
“Mi perdoni se mi permetto, ma credo che chiudersi in camera a finire le lacrime che le sono rimaste, sola, in centro a Parigi, sia la peggiore delle cose che potrebbe fare”
“E lei cosa propone?” fu la secca risposta di Angela. Dietro quelle quattro parole Ethan aveva sentito una rabbia feroce e la sua mente aveva sentito anche le parole che lei no aveva pronunciato “Credi che farmi una bella scopata con un bell’imbusto come te potrebbe essere una cura ?”
“Niente di più di quello che avevamo concordato al telefono un’oretta fa. Credo che uscire e fare quattro chiacchiere le potrebbe fare bene. Poi appena lei me lo comanda io la riporto in albergo e buonanotte.”
Aveva pronunciato questa frase con voce molto profonda, un atteggiamento serio ma nello stesso tempo sbarazzino, con un tono talmente sicuro che Angela aveva sentito aprirsi una breccia nelle sue difese.
Ora era li, ancora in piedi, che la fissava, mentre lei cercava di prendere una decisione, giudicando Ethan da quel poco che vedeva.